Non sono veneta ma abito in provincia di Venezia da diversi anni. Da questi luoghi mi sento sempre un po’ distante perché ancora non li trovo del tutto familiari, ma con lo sguardo un po’ da viaggiatore incantato vado qua e là a curiosare. Questo è il bello del sentirsi un po’ forestiero o come dicono qui “foresto”!
Spesso qui si sente nominare Ernest Hemingway e ho scoperto che le lagune venete, la città di Venezia e alcuni paesi dell’entroterra sono legati a lui da un sentimento profondo.
Per la prima volta nel 1918, in queste zone, trascorse un periodo durante la guerra; prima come volontario, poi nell’autunno del 1948 con la quarta moglie Mary Welsh tornò in Italia via mare partendo da l’Havana.
Il viaggio in Europa incominciò da Genova, trascorse un po’ di tempo al lago Maggiore e sulle Dolomiti e poi raggiunse Fossalta di Piave. Era da tempo che desiderava visitare quella zona perché durante la prima guerra mondiale in quel luogo vi rimase ferito.
Aveva quasi 50 anni e dopo trent’anni finalmente rivedeva la sua Fossalta e Venezia.
In seguito a San Gaetano vicino a Caorle, Hemingway e la moglie, vennero ospitati nel borgo dei baroni Franchetti ricchi commercianti ebrei che si erano stabiliti a Venezia nell’800.
La valle dei Franchetti, un’area lagunare di vaste proporzioni, era ricca tutto l’anno di fischioni, codoni e germani reali ma l’autunno e l’inverno erano i momenti migliori perché di lì passavano gli uccelli che migravano dall’Europa orientale verso sud e infatti Hemingway le chiamava “anatre d’Oltre Cortina”.
In laguna i cacciatori partivano prima dell’alba, su barche remate da barcaioli che li portava in uno stagno per poi calarsi dentro a botti infilate nei canneti chiamate Botti orbe. L’ordine per incominciare a sparare era il suono del corno.
Dopo le battute si cenava nei Casonidi caccia che avevano al centro il camino.
Qui Ernest scoprì queste terre e si innamorò dei paesaggi magici dai cieli incontaminati e della gente di mare.
“…Lì cacciano proprio anatre.- -Bravi ragazzi – -Bella caccia- -Proprio anatre. Germani reali, codoni, fischioni. Qualche oca selvatica- -Bello come a casa, quando eravamo ragazzi-“
Hemingway tornò spesso nella tenuta Franchetti. Lì appostamenti per la caccia di anatre selvatiche, gare di pesca e poi anguille, orate e branzini ricreavano un perfetto stile di vita campestre che lui amava molto e lo riportavano alla sua giovinezza.
Lo scrittore raccontò con i suoi occhi e soprattutto col cuore quello che era il suo habitat naturale.
Parló del freddo della laguna ghiacciata, del silenzio di questi luoghi rotti dal canto degli uccelli e dal gorgoglio dell’acqua. Descrisse questi paesaggi come luoghi unici.
“Osservò il cielo rischiararsi oltre il lungo margine della palude e voltandosi nella botte sommersa guardò la laguna gelata e la palude e vide in lontananza le montagne coperte di neve. In basso com’era, non vedeva colline, e le montagne si alzavano di colpo dalla pianura.
Mentre guardava le montagne si sentì in faccia un soffio d’aria e allora capii che il vento sarebbe giunto di lì, levandosi col sole, è senza dubbio quando fossero state disturbate dal vento le anatre sarebbero giunte in volo dal mare.”
Tratto da “Di là dal fiume e tra gli alberi”
Ma tutto gli sembrò idilliaco forse perché proprio qui, alla riserva Franchetti, Ernest conobbe Adriana Ivancich. Infatti i due diventarono inseparabili e lei entrò a far parte del suo cuore giovando alla sua creatività.
La famiglia Ivancich era originaria di Lussino e da lì sì trasferì a Venezia alla fine del ‘700.
La villa settecentesca di campagna degli Ivancich era situata a San Michele al Tagliamento (villa di cui pubblicherò le foto in un’altro post) ed era stata distrutta dagli alleati che cercavano di colpire il ponte tra San Michele e Latisana.
In seguito Hemingway soggiornò spesso a Venezia e lì vide frequentemente Adriana; lei aveva solo 18 anni e lo faceva sentire giovane e spensierato.
Grazie al suo incontro superò i blocchi creativi che negli ultimi anni lo assalivano e riprese a scrivere; decise di dare l’aspetto di Adriana a Renata, la protagonista del romanzo che stava scrivendo in quei giorni.
Raccontava di questi territori, delle tipiche battute di caccia e della laguna e lo intitolò “Di là dal fiume e tra gli alberi”.
“Dal rosa arancione all’argento mentre la palude si colorava di malva e di giallo, verde e di color ruggine, e a nord le montagne erano velate di blu…”.
Tratto dal diario di Mary moglie di Hemingway
In particolare in questo romanzo Ernest indirettamente racconta il suo mondo privato, la sua vita intensa di uomo apparentemente sicuro ma irrequieto, sempre in cerca di qualcosa; mostra cosi tutta la sua umanità e le sue debolezze.
La sua attenta scrittura è anche un elogio ai paesaggi naturali che lui osserva immerso nella quiete rotta dal canto degli uccelli.
Incuriosita da questi paesaggi, dove il mondo sembra ancora oggi lontano, ho viaggiato via acqua lungo il canale Nicesolo da cui si vedono le suggestive reti dei pescatori. Immersa nel silenzio e nella bellezza di questi luoghi è stato difficile trattenermi dallo scattare mille fotografie. Ho immaginato così ancora di più come potesse sentirsi il sognatore Ernest rapito da tanta bellezza idealizzata dal suo stato d’animo di uomo innamorato.
Benvenuti! Mi chiamo Anna Bello e amo definirmi un artigiano contemporaneo e vado sempre alla ricerca di tecniche artistiche che rendendo uniche le mie creazioni...- Continua -