La Biennale d’Arte di Venezia 2017 concepita sulla personalità degli artisti e le loro forme comunicative, le loro scelte e i loro modi di vivere, presenta un infinita varietà di modi espressivi e di narrazioni proprio come un racconto in un libro. Ed è stata concepita proprio così, a capitoli o meglio ad argomenti. Si passeggia all’interno dell’opera che è un atelier appunto dove l’artista vive la sua arte e si esprime. A volte è possibile anche interagire con le opere ma non sempre si capisce cosa si può fare e cosa si può toccare. Si scopre però come oziano gli artisti, cosa leggono, cosa ne fanno dei libri (che possono anche diventare sculture), cosa amano…la bellezza ma anche tristezza, il silenzio, i suoni, i colori, i tessuti, gli animali, l’acqua, i riflessi, la morte. Ordinarie persone designate a rappresentare l’arte. Il fare arte e l’arte del fare…luogo, quello della Biennale, di riflessione per l’arte e di salvaguardia dell’umanesimo e le sue origini.
Un’edizione che fa lo sberleffo ad altre in cui era fortemente presente l’arte digitale.
Vi propongo un veloce assaggio di Biennale per immagini e argomenti trattati che ho scelto fra gli artisti e le opere che mi sono piaciute.
Adorabile a mio parere l’istallazione composta da una casa in legno tipica dei boschi della Georgia e ricostruita all’Arsenale dall’artista Vajiko Chachkhiani. I mobili all’interno e tutto quello che ci sta dentro sono bagnati da una pioggia continua che cade dal soffitto. Nel tempo trascorso durante questi mesi, inevitabilmente all’interno ci sono stati dei cambiamenti e danneggiamenti, mentre all’esterno tutto è rimasto uguale. Simile, è secondo l’artista, l’adattamento che hanno dimostrato i georgiani alle invasioni delle loro terre e agli sconvolgimenti politici.
1500 Maschere Mapuche proposte dal cileno Bernardo Oyarzùn e 700 sono i cognomi, illuminati in rosso, della comunità che resiste alla estinzione.
Una spazio dedicato a Maria Lai, importante artista italiana nata in Sardegna, che con fili, scampoli, cuciture e tessiture rappresenta i forti legami fra gli uomini, il loro passato e la terra nativa. Simbolo significativo il pane che fa da copertina ai libri.
Di forte impatto estetico con i rocchetti di filo colorati appesi alle pareti, l’opera di Lee Mingwei nato in Taiwan, “The Mending Project”. L’artista rammenda abiti donati da sconosciuti che poi lega agli altri vestiti con fili colorati. Una storia personale dell’autore di sofferenza e un tentativo di guarigione. Un esempio come altri presenti in questa edizione di arte partecipata e comunitaria, per riportare in uso qualcosa che è danneggiato e andrebbe buttato via.
“Scalata al di là dei terreni cromatici” dell’artista americana Sheila Hicks è il titolo dell’installazione nel Padiglione dei colori all’interno dell’Arsenale. Il colore esplode in un vero e proprio piacere, a mio parere un sunto dei padiglioni precedenti dove si mescolano design, arredamento tessile, arte e divertimento.
Nel padiglione delle tradizioni Yeessoo kyung propone un assemblaggio, alto circa 2 metri, di vasi coreani recuperati e messi insieme con la tecnica del kintsugi. I ceramisti coreani per mantenere la qualità della loro ceramica distruggono in piccoli pezzi tutto quel vasellame che ha piccole imperfezioni e così l’artista con questi crea forme tonde con varianti di colore e decorazioni; non una ricostruzione ma una sorta di trasformazione da cui prende il nome l’esposizione “Translated vase” una sorta di rifiuto ma nel contempo amore per la ricerca e la raffinatezza della perfezione.
Dalle scarpe da ginnastica “Collection de Chaussures”, utilizzate come fioriere da Michel Blazy (Principato di Monaco) spuntano piante e fiori. Anche delle anche le vecchie Converse ci raccontano la terra e i suoi mutamenti.
Massi di pietra, bronzo, alluminio e legno si specchiano e si ripetono in un labirinto di acciaio e specchi. “Welten Linie” dell’artista polacca Alicja Kwade crea un certo senso di smarrimento al visitatore che comunque non resiste a scattare selfie!!!
Decine di orologi tutti uguali nel Padiglione della Corea “Proper Time” sono l’installazione dell’artista Lee Wan. Orologi che sono tutti uguali ma su ognuno è scritto un nome, un anno, una professione e un paese diversi; contano nel concreto quanti minuti al giorno bisogna lavorare per pagarsi da mangiare in base all’attività che si svolge e in base all’età, il tutto calcolato seguendo una formula matematica e intervistando persone diverse tra loro durante un viaggio compiuto in 5 anni. La scultura “For a better Tomorrow” al centro della stanza riproduce la classica immagine tipica della propaganda del suo paese: la promessa di un futuro migliore fatto di un duro lavoro.
L’arte tessile è stata proposta in questa edizione più volte, come lavoro creativo e motivo di condivisione e legame con altre persone, lo stesso legame che c’è con le tradizioni artistiche come quella della ceramica, della trasformazione e lavorazione artigianale di prodotti come legno, ferro, resine etc. Una forma d’arte contemporanea che l’utilizza materiali e attività primitive che continuano ancora oggi.
Altri artisti, che però non vi ho proposto, in minor numero hanno scelto argomenti forti, invece legati alla morte al terrorismo, alle immigrazionie; alcuni non mi sono piaciuti per niente.
Nel complesso, comunque a mio parere, la Biennale di quest’anno ha presentato un mondo svariato ma al contempo familiare e legato da un filo conduttore rassicurante e di amore per la propria patria. Quel pizzico di pazzia e originalità però mi è mancato!
Fatemi sapere se le opere che ho scelto sono piaciute anche a voi. Siete stati a visitarla? Che cosa ne pensate?